venerdì 12 marzo 2010

3. Empatia incarnata

1. Sistemi auto poietici e organizzazionali
I sistemi viventi si relazionano al mondo esterno in virtù dell'interdipendenza tra la ricezione di impressioni e l'esecuzione di azioni. Operano regolazioni perché sono in grado di sentire, calcolare e agire ma non linearmente. Sviluppano cicli senso-motori – cicli percezione-azione. Dispongono di una struttura di interconnessione [per esempio la rete neurale cerebrale] tra organi di senso e organi effettori che, supportando un flusso circolare di informazione gli uni e gli altri, traduce la percezione di perturbazione in un'azione compensativa che modifica la percezione, riavviando il ciclo regolatore. (p. 47, Luisa Damiano, “Unità in dialogo”)

2. Co-evoluzione di sistemi auto-poietici a causa di fluttuazioni dissipative
La base teorica dell'idea di co-evoluzione risiede nel concetto di chiusura, che, nel contesto della descrizione dell'interazione tra sistemi auto-organizzatori e paesaggio ambientale, esibisce una delle sue maggiori potenzialità: portare sulla scena teorica la capacità dei sisteni autonomi di spezzare la causalità esogena. […] Si tratta di un meccanismo organizzazionale grazie al quale le azioni ambientali non possono esercitare un'azione diretta sui processi interni di un sistema autonomo, perché, se provocano la deviazione di uno o più componenti della dinamica globale, attivano un comportamento di auto-stabilizzazione. […] Se la fluttuazione non eccede la tenuta dei vincoli organizzazionali, induce l'emergenza di un pattern equilibratore: un assetto dinamico determinato endogenamente in grado di conservare la coerenza funzionale del sistema nelle mutate condizioni ambientali (p. 51, idem). (Confronta l'order for noise di Von Foerster e ancor più la complexity for noise di Atlan).
Nella cooperazione tra più sistemi autonomi interagenti tra loro e con l'ambiente si mantengono i singoli sistemi autonomi. Tra i vari sistemi autonomi ognuno innesca, ma non determina, cambiamenti nella dinamica dell'altro. Ognuno, finché mantiene l'organizzazione, sviluppa un decorso evolutivo compatibile con quello dell'altro. L'idea teorica che esprime al meglio i tratti del processo globale è la nozione di co-emergenza. In questo contesto essa designa un'evoluzione accoppiata che si realizza per interferenza e correllata emergenza, nel sistema autonomo e in quello ambientale, di patterns endogeni compatibili. L'idea è quella di evoluzione dell'ordine organizzazionale dovute all'insorgere di perturbazioni struttuali esogene che attivano riorganizzazioni endogene – regolazioni positive operate dalla chiusura – portatrici di salti di complessità organizzazionale (p. 51-3, idem).
Un anello organizzazionale, suscitando un comportamento emergente di auto-determinazione dinamica, produce un punto di vista cognitivo sull'ambiente. Genera una totalità organizzata che, in virtù di un'attività di auto-regolazione supportata dall'articolazione circolare dei suoi livelli organizzazionali, si accoppia co-evolutivamente con l'ambiente, trattando uno sfondo in sé indifferenziato di perturbazioni come uno scenario articolato di riferimento per le proprie interazioni – un mondo, dotato di regolarità e significato (p. 55, idem).

3. Neuroni specchio
Il concetto di autonomia non deve essere inteso in assoluto, né deve portare a una radicalizzazione di posizioni divergenti quali quelle di sistema-ambiente o di interno-esterno. Alla chiusura operazionale verso l'ambiente corrisponde piuttosto una apertura metabolico-energetica, necessaria per il mantenimento dell'autonomia del sistema autopoietico. Inoltre va ribadito che, anche da un punto di vista organizzazionale, sistemi accoppiati tra loro si influenzano reciprocamente seppur non linearmente. Cosi che la chiusura operazionale non andrebbe a precludere affatto una apertura proficua verso il milieu circostante. Sebbene “l'idea è quella di una comunicazione essenzialmente generativa, che non implica alcuno scambio di comunicazioni precostituite (p. 181, idem).
Recenti studi neuropsicologi sugli animali e sull’uomo, nonché ricerche sull’infant observation stanno facendo emergere piuttosto una certa propensione naturale alla “socialità” dell’essere umano che sarebbe predisposto e aperto fin dalla nascita per instaurare un proficuo scambio e una sincronizzazione innanzitutto incarnata con il mondo a esso circostante, ben prima dell'instaurarsi della coscienza. In particolare gli studi sui neuroni specchio hanno portato a sostenere l'esistenza di “un livello-base delle nostre relazioni interpersonali, costituito da un meccanismo di risonanza immediata non cognitivistico tra il [sè] e gli altri (p. 333, Neurofenomenologia, a cura di Massimiliano Cappuccio) che andrebbe a costituire la base neurale sulla quale instaurare poi tutti i successivi livelli di relazione interpersonale fino a quelli più complessi e astratti. Secondo Gallese: L'assenza di un soggetto auto-cosciente non preclude […] la costituzione di uno spazio primitivo sé/altro, caratterizzando così una forma paradossale di intersoggettività priva di soggetto (p. 200, Forme di vita n° 4). In questo modo si ipotizzerebbe la possibilità di un riconoscimento del pensiero e delle intenzioni altrui senza la mediazione della memoria di lavoro e di una memoria autobiografica rappresentazionale molto dispendiose in termini econonomici e più lente da un punto di vista pratico. Come invece si sosteneva all'interno della teoria cognitivistica della "Teoria della mente" (ToM) la quale dava per assodato la possibilità di una comprensione delle intenzioni altrui solo a partire da un riconoscimento cosciente mediato dalle facoltà intellettive alte. Invece, come sopradetto, oggi si sta piuttosto appurando l'esistenza di un livello "di rispecchiamento e di corrispondenza tra mondo interno (sapere cosa faccio [e perché] quando prendo una mela) e mondo esterno (vedere un altro che prende la mela)” precosciente. Comunque i due momenti di riconoscimento intersoggettivo non vanno considerati come opposti, ma sono invece da integrare in senso ontogenetico, facendo del primo, in quanto risonanza affettiva immediata, l'origine primitiva dell'altro, cioè la condizione necessaria per l'instaurarsi in un secondo tempo di una efficace e sofisticata ToM. Occorre cioè effettuare un passaggio importante, quello dal terreno condiviso, in cui si osserva un accoppiamento, una replica o equivalenza di azioni e emozioni tra l'io e l'altro più o meno passiva, all'ambito di situazioni più specificatamente empatiche, in cui il meccanismo diretto, prevalentamente percettivo, lascia il posto a un meccanismo indiretto e più attivo, che implica un intervento di mediazione tra l'io e l'altro, spesso non presentante un rispecchiamento totale tra i due, bensì uno scarto (p. 334. neurofenomenologia). Anzi proprio la mediazione della coscienza anche grazie alle facoltà linguistiche (vedi ad esempio le ricerche di Virno) andrebbe a innescare una sorta di negazione del livello mediato dalla reazione del "corpo vivo" nell'ottica di una ulteriore forma di riconoscimento intersoggettivo, distorcendo creativamente il precedente livello empatico immediato. Spesso non senza rinnegare o sospendere l'iniziale co-sentire originario per fini secondari. In questo modo il riconoscimento "naturale" verrebbe messo in discussione da una ulteriore forma complessa di riconoscimento mediato ad esempio dal pensiero proposizionale, dalle modalità di categorizzazione essenziali e non ultimo dalle abitudini culturali e sociali. Da un punto di vista più prettamente neurale è interessante confrontare la simulazione incarnata dell'altro operata dai neuroni specchio con la successiva modalità di simulazione incarnata però a un livello ulteriore teorizzata da Damasio (vedi circuiti simulativi del come sé) . Anche nell'ottica di una chiusura circolare tra attivazione button-up e successiva elaborazione associativa top-down discendente.

4. Sincronizzazione
Sebbene esistano delle predisposizioni naturali di risonza immediata come quelle scoperte grazie ai neuroni mirror e canonici (capaci di attivare aree motorie deputate all'azione alla sola vista di oggetti strumentali) è tutto il sistema nervoso neurale a essere predisposto all'accoppiamento regolativo delle perturbazioni sensoriali a significati operazionali portatori di azioni efficaci per la conservazione. Più in generale, i cicli della regolazione metabolica energetica, quelli dell'accoppiamento senso motorio e dell'ambiente, quelli dell'interazione intersoggettiva, coinvolgenti il riconoscimento del significato intenzionale delle azioni e la comunicazione linguistica (negli umani) intereagirebbero tra loro secondo più livelli cognitivi, sia impliciti che espliciti coscienti. Secondo Varela, l' “idea è quella di rapide e flessibili coordinazioni comportamentali neuronali – connessioni dinamiche a lungo raggio tra i neuroni – le quali raccolgono elementi distanti in unità funzionali coese, generate dall'assunzione da parte delle cellule neuronali di una medesima fase di oscillazione. […] [Varela] individua nei processi di integrazione neuronale il luogo di emergenza di forme soggettive transienti creatrici di mondi. Varela le pensa come micro-identità: unità cognitive fragili, contingenti, temporanee. Le qualifica come sé emergenti che esprimono possibilità contestuali d'azione sull'ambiente – prontezze all'azione. La loro auto-distinzione coincide con uno specifico trattamento cognitivo del paesaggio ambientale. L'attimo in cui si sollevano – per perturbazioni endogene o esogene – equivale nell'esperienza soggettiva al sollevarsi di un micro-mondo: un contesto situazionale correlato alla disposizione all'azione di cui è portatrice l'identità cognitiva supportata neuralmente. […] Sono soluzioni coincidenti con differenti configurazioni di attività, tra le quali il sistema oscilla brevemente, per poi assumere un definito pattern tra i possibili. […] Il sé emergente che Varela articola alle dinamiche neuronali è un attore cognitivamente intrinsecamente situato. È un'entità che, mentre si auto-definisce, opera selezioni sulle dimensioni ambientali accessibili, genera e proietta significati operazionali sul paesaggio ambientale, costruisce una scena significante e arredata di oggetti per le interazioni del sistema con l'ambiente. L'emergenza della sua (micro-)identità è indissociabile dalla strutturazione di un punto di vista sullo sfondo ambientale – un punto di vista generativo di un (micro-)mondo. […] Allacciata a configurazioni di attività neuronali che si strutturano e si destrutturano in una dimensione di micro-temporalità, l'identità individuale del conoscente si diversifica in un flusso di micro-identità cognitive punteggiato di vuoti – gli spazi dei breakdowns (p. 209-11, idem).
La mente radicalmente incorporata non abita lo spazio intraindividuale. Il suo luogo è questo: l'evolvere unitario di cervello e corpo, organismo e ambiente (p. 212, idem). Piuttosto emerge dal livello com-partecipativo tra individuo-tutto, tra sé-ambiente. Nel senso che entrambi i poli sono tra loro interconnessi e mutualmente influenzabili. La parte e il tutto interagiscono produttivamente, creativamente, coimplicandosi, senza ridursi l'uno o sull'altro.

5. Plasticità cerebrale
La plasticità cerebrale è l'indice di sincronizzazione dinamica sopportabile dalla rete neurale nell'accoppiamento di funzioni distinte, da quelle sensitive a quelle motorie e via dicendo. Essa esprime il livello di attunement, cioè di armonizzazione tra mente, cervello, corpo e ambiente di fronte a eventuali conflitti cognitivo-comportamentali imprevisti non immediatamente appianabili secondo gli schemi neurali fin lì elaborati. Tali dissonanze possono insorgere dall'interazione con un ambiente ambiguo spesso perturbante, o in virtù di una mancata coerenza nei-tra i vari livelli autorganizzazionali nell'elaborazione in parallelo di risposte. Quest'ultima eventualità causa l'insorgenza di un'ambivalenza valoriale nella selezione degli ipotetici scopi da perseguire, producendo come effetto collaterale paralisi e stress. Tale stallo può essere il motore di una profonda ristrutturazione organizzazionale tesa dialetticamente tra una prima fase destrutturante regressiva e un successivo momento elaborativo accomodante. Alla fine, se tutto funziona, si sfocierà in un ulteriore meta-livello capace di appianare tali dissonanze. In questo caso si accederà a configurazioni esistenziali in grado di incrementare la complessità del sistema se si riuscirà a implementare creativamente la formulazione di nuove risposte adattive idonee a contenere le precedenti perturbazioni. Oppure, in mancanza di ciò, si potranno indurre risposte votate piuttosto alla chiusura difensiva. In questa circostanza si privileggeranno strategie improntate all'evitamento delle problematiche incontrate con l'effetto di limitare l'eventuale potenziale sfera d'azione. All'atto pratico si arriva a una riduzione di mondi possibili e, nei casi più critici, a produrre risposte altamente conservative e ripetitive non di rado disadattive.

6. Empatia
Più in generale, il termine empatia è stato tradotto in passato soprattutto in ambito tedesco con la parola einfühlung, non senza lasciare però una certa insoddisfazione tra gli esperti. In quanto vi si andava a condensare più aspetti differenti del comune sentire. È stato soprattutto agli inizi del novecento, grazie al fondamentale contributo di Edmund Husserl e della sua allieva Edith Stein, oltre che alle pioneristiche ricerche antropologiche di Max Sheler che si è provato a fare luce e chiarezza sul significato di tale espressione, provando a eliminare il velo di aleatorietà e di indicibilità nel frattempo denunciato da più parti.
Sebbene i tre autori citati si muovono su ambiti interpretativi differenti, è possibile integrare i loro studi con le recenti ricerche neuropsicologiche attuali anticipate soprattutto da Sheler. In particolare nel tentativo di operare una schematizzazione plurilivellare della coscienza. I suoi studi hanno aperto la strada a tutte quelle concezioni antropologiche definite oggi embodiment cioè incarnate, nel tentativo di superare certo dualismo tra mente e corpo affermatosi all'interno del paradigma scientifico filosofico moderno.
Nello specifico Sheler riconosce tre livelli distinti di empatia (einfühlung).
Il primo definito come "unipatia (einsfühlung), può essere assimilato al contagio affettivo o anche a una risonza incarnata o a una percezione immediata precedente qualsiasi distinzione cosciente e razionale tra soggetto-oggetto, o meglio tra percezione interna di sé o esterna del mondo. È il livello basilare di partenza di certi studi etologici oltre che neurofisiologici come quelli sui neuroni specchio. Si tratta in breve più di un processo istintivo, affettivo dovuto a una risonanza del corpo in conseguenza di una stimolazione capace di alterarne l'equilibrio.
A seguire viene poi un livello quello propriamente empatico di condivisione (nachfühlung). È qui che inizia l'emergenza della percezione dell'altro non solo fisica ma anche psichica, cioè “rappresentazionale” cosciente, in grado di dare voce all'espressività, ovvero a tutte quelle intenzioni soggettive nascoste poste dietro la superficie del corpo. È questo il momento del riconoscimento e della divisone tra io e non-io, tra sé e alterità. In senso neurofisiologico è il momento della rappresentazione cosciente delle precedenti intuizioni ideoaffettive implicite. È questo il piano definito da Barthoz emulativo su cui si innestano i circuiti come sé di Damasio. Oltre che il piano cognitivo della Teoria della mente.
A partire da questo ulteriore livello si andrebbe a instaurare il successivo momento di simpatia, nel senso di con-sentire compartecipare insieme (mitgefühl). É solo da questo livello che si può parlare di un vero momento etico. Infatti l'attribuzione di valore e di posizionamento si andrebbe a realizzare attraverso un ulteriore lavoro associativo-integrativo di ri-rappresentazione cosciente avente lo scopo di ridefinire i valori in campo in funzione di aspettative non solo votate a una veloce risposta al presente ma aperte anche a una ulteriore progettualità futura.

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